venerdì 21 dicembre 2007

Il treno

Corre veloce il treno
nel meriggio assolato.
Seconda classe.
Persone imbronciate altre ridenti e contente
nello scompartimento affollato.
Il controllore scandisce le fermate per tempo :
nascita infanzia adolescenza giovinezza maturità dolore amore........
La mia fermata è già stata chiamata
mi preparo
e mi chiedo perchè
ho preso per tutte le mete
il biglietto solo d'andata.

giovedì 6 dicembre 2007

Desiderio ossessionante ( racconto breve)

Non dovrei farlo.
Ma so che lo farò.
Lo so che è troppo presto, che è troppo giovane e acerba.
Ma so che lo farò lo stesso.
Lo so che poi non sarà mai più la stessa, che sarà rovinata per sempre.
Ma lo farò lo stesso.
Lo so che se sarò scoperto per me sarà la fine, che non ci sarà comprensione, pena e pietà per me.
Ma lo farò.
Non posso trattenermi. Il suo pensiero mi tormenta.
Questo desiderio è più forte di me, mi fa impazzire. Sogno la sua pelle serica e vellutata; il suo profumo fresco e giovane mi stordisce.
Sono ossessionato. Da giorni la spio, da lontano, senza farmi vedere.
La piccola è sola, indifesa. Sorride nel sole di primavera innocente ed allegra.
Ed io impazzisco.
E questa notte lo farò.
Questa notte la prenderò; questa notte lei sarà mia.
Sfiorerò la sua pelle, fresca di giovinezza e della brezza della sera. Mi inebrierò del suo profumo; così fresco e giovane e poi…..
Poi sfonderò senza pietà quella serica pelle e leccherò e berrò il suo succo, dolce ed asprigno e mi spingerò dentro di lei.
Senza riguardi, senza pietà.
A fondo, sempre più fondo, dentro di lei, nel suo candore immacolato, nella sua polpa succosa, ubriacandomi dei suoi succhi, del suo sapore, dei suoi profumi.
Non posso resistere oltre; non voglio resistere.
Questa è la mia natura.
Non ho colpe.
Sono fatto così.
Lui mi ha fatto così.
Che colpa posso avere io se ha fatto me bruco e lei mela?

sabato 1 dicembre 2007

Danza di corpi. ( racconto breve)

Bastava avvicinarsi al suo corpo per sentirsi scaldare , infuocare , ribollire.
Anche gli altri nove corpi erano molto attraenti. Ognuno di loro era attratto dall’altro , ma nessuno esercitava un’attrazione pari alla sua.
Era difficile resistergli , conservare il proprio equilibrio ; ma indispensabile se non ci si voleva autodistruggere , consumarsi , annullarsi e sciogliere nel suo abbraccio , caloroso e mortale.
E così danzavano e giocavano tra loro e danzavano e giocavano con lui ed intorno a lui.
A volte avvicinandosi , altre volte fuggendo lontano. In una danza che si ripeteva in un motivo eterno , immutabile.
Erano tutti bellissimi corpi , ma pur frequentando lo stesso circolo , pur orbitando negli stessi spazi erano enormemente diversi tra di loro.
Ognuno con specificità e peculiarità che lo rendevano unico ed inimitabile.
Qualcuno estremamente caldo ed altri estremamente freddi ; qualcuno piccolo , altri enormi ; qualcuno duro e roccioso e qualcuno praticamente gassoso.
Eppure e nonostante tutto , così strettamente legati tra di loro ; interdipendenti uno dall’altro.
Certo , ognuno di loro aveva i suoi giri ; alcuni addirittura erano legati indissolubilmente ad altri corpi , ma comunque , alla fine erano sempre tra di loro ; senza mai allontanarsi definitivamente. E pur così legati , così attratti , ognuno riusciva a conservare e difendere gelosamente i propri spazi e le proprie peculiarità.
E lui era il centro .
Lui esercitava , su tutti loro la sua grande , magnetica attrazione. Li abbagliava col suo splendore e li scaldava col suo calore.
Era triste pensare , che un giorno , anche lui , sarebbe morto.
Quel giorno , anche gli altri sarebbero morti con lui e per lui. Ma quel giorno era ancora lontano , avevano ancora tanto tempo per stare tra di loro ; per giocare , per corteggiarsi .
Gelosi della propria intimità , guardavano da lontano altri gruppi di corpi ; alcuni dei quali conoscevano piuttosto bene. Incuriositi certo , ma non disturbati dalla loro vicinanza.
In fondo , per quanto vicini , il più prossimo , Alpha Centauri , era comunque a 4,35 anni luce da loro ; più o meno 43 mila miliardi di chilometri.

giovedì 29 novembre 2007

100 metri piani. ( Racconto breve)

Conta fino a dieci. 1,2,3…10.
Ci vuole poco vero? Solo un attimo.
Questi sono i 100 metri. Un attimo, un lampo, un flash.
Non c’è tempo per pensare, per tattiche; non c’è il tempo per rimediare un errore. Non c’è il tempo per nulla.
Devi correre, correre e basta.
Questa è la mia gara: la gara per eccellenza.
Non lunghe corse, tattiche, sudore, fatica e abbrutimento.
Come cavalli.
No.
Solo 100 metri.
Un lampo dove ti giochi tutto.
Non ci sono avversari, non li vedi, non ne hai il tempo.
Ci sei tu, contro te stesso, al limite, allo spasimo; con il cuore che scoppia e il respiro che ti brucia la gola. Tu e la linea del traguardo. Da raggiungere, da ghermire, come il ghepardo.
I 100 metri non sono una corsa; sono la corsa.
Devi avere tutto per vincere.
Gambe forti e muscoli potenti; fibre rosse; capaci di bruciare ossigeno , in un attimo, come un reattore. Un torace possente , con due polmoni enormi per aspirare oceani d’ossigeno da bruciare. Un grande cuore capace di pompare violentemente sangue rosso ai motori. Due braccia forti, per remigare il vento e fendere l’aria. E un cervello. Capace di pensare, programmare e controllare questa esplosione nucleare.
Se hai tutto questo, se ami la sfida ed il rischio, sei pronto per i 100 metri.
Prima di tutto concentrazione assoluta.
Niente ti deve distrarre prima della gara.
Nel cervello devi visualizzare, a singoli fotogrammi, la tua gara.
La partenza, ogni singolo passo, i respiri e l’arrivo, spingendo avanti la testa per guadagnare millimetri.
Posizionare i blocchi. Sono i blocchi che ti permettono di raggomitolarti su te stesso, contratto come una molla pronta a scattare.
Poi, finalmente, il momento della verità; la gara.
Non guardi gli avversari, non esistono. Ci sei solo tu, la pista e lo striscione d’arrivo, là in fondo. Ti togli la tuta ripetendo scaramanticamente i gesti che hai fatto l’ultima volta che hai vinto. Prendi posizione e ti inginocchi per posizionare perfettamente i piedi sui blocchi; distendi un attimo le braccia, per decontrarle e poi ti raccogli tutto su te stesso, tutto appoggiato alle mani. Il pollice e l’indice a sfiorare la linea.
E attendi lo sparo.
E scatti, simultaneamente allo sparo; immaginandolo più che sentendolo. Scatti, forzando sugli appoggi ed annaspi, quasi cadendo nello sforzo di stare il più possibile inclinato in avanti. Ora le tue ginocchia sono stantuffi e più stai inclinato più sfrutti la spinta. Stantuffi e non respiri, non ancora. Continui a spingere mentre un velo rosso ti cala sugli occhi; spingi e senti che il tuo corpo tende a raddrizzarsi; il petto a sporgere. Sai che stai rallentando e ora devi respirare. Sorsate d’aria, a bocca aperta, che ti bruciano la gola e polmoni. Le braccia si allargano; il movimento ora è scomposto, disperato. Sei quasi arrivato. Un altro sforzo. Spingi avanti la testa, costringi il tuo corpo a tuffarsi per guadagnare pochi millimetri sul nastro d’arrivo.
Io distrofico.
Condannato ad una sedia a rotelle.
Genio della fisica.
Ho scoperto le forze che regolano l’universo; i misteri del creato.
Ma non sono mai stato in grado di correre, di camminare. Una delle migliori menti del mondo ed un corpo inutile, ripugnante. Chi ha scelto per me?
( Il racconto è stato ispirato dalla figura del fisico inglese S. Hawking e dai tanti disabili che invece hanno trovato nello sport una nuova dimensione di vita)

giovedì 1 novembre 2007

Prova

Prova